venerdì 18 aprile 2008

LE VIE DELL'ANSIA SONO FINITE!

L'ansia è un disturbo dell'umore, principalmente. La sua vulnerabilità coinvolge diversi fattori, di natura genetica e sociale. C'è chi afferma che esiste una qualche predisposizione familiare ma la complessità genetica e fenotipica dei disturbi d’ansia rende difficoltosa l’identificazione di uno o più “geni del malessere” ( della paura, della timidezza, dell’ansia o fobia sociale) nell'uomo tante sono le variabili da considerare.
Nei modelli animali, nel topo, ad esempio, è possibile studiare più agevolmente alcuni tratti del temperamento ansioso - topolini che difficilmente si avventurano fuori dalla gabbia, che tremano per un nonnulla, timorosi di ogni novità - e i corrispondenti correlati neurobiologici. E’ stato osservato che variazioni (polimorfismi ad un singolo nucleotide) a carico del gene, presente sul cromosoma 1, che codifica per la proteina regolatoria RGS2, influenzano i livelli di ansia nei topi. Animali geneticamente modificati (topi knockout) nei quali è soppressa l’espressione di quel gene, esibiscono un comportamento fortemente timoroso ed evitante. La proteina in questione modula l’attività di recettori di neuro-trasmettitori che costituiscono il target di molti farmaci antidepressivi e antipsicotici. Dunque l’ortologo umano del gene codificante per la proteina RGS2 è il gene “candidato” ad essere oggetto di ricerche sullo spettro dei disturbi d’ansia negli esseri umani., permettendo così di aprire un nuovo approccio terapeutico per i disturbi ansiosi.
Analizzando la storia familiare dei soggetti ansiosi, è difficile dipanare l’intreccio di ereditarietà e comportamenti appresi nell’affrontare le prove della vita. Caso emblematico di ansia sociale riguarda una donna e sua figlia. Lucia R, dopo la laurea a pieni voti, inizia le prime esperienze di insegnamento. A scuola si sente insicura, incapace di tenere la disciplina, di relazionarsi con gli altri docenti ed i familiari degli alunni. Infine lascia l’insegnamento e si accontenta di un modesto impiego di segretaria in una scuola, un lavoro che la espone meno ai contatti sociali, percepiti come disturbanti. Ma anche il lavoro di ufficio riserva dei contraccolpi emotivi. Entra in conflitto con la vicina di scrivania che, pur meno esperta di lei, la redarguisce continuamente. Lucia non reagisce, soffre in silenzio, infine informa velatamente il capoufficio che le prospetta la possibilità di allontanare la collega insolente. La donna non regge all’eventualità di esporsi a chiacchiere indesiderate, preferisce allontanarsi, cambiare scuola. La storia di Mara, figlia di Lucia, sembra ripercorrere le stesse tappe della madre. Mara è diplomata, ha lasciato a metà l’università ma ha trovato lavoro come insegnante di laboratorio, in un istituto superiore di una grande città. Diversamente dalla madre, ama insegnare. Il problema di Mara è che svolge le sue ore di laboratorio in presenza di un docente di teoria, un individuo con cui non riesce a concordare in anticipo il programma da svolgere. Ciò alimenta la sua ansia di base. Ha inoltre la sensazione che lui la giudichi poco preparata. Dopo qualche mese di insegnamento, Mara comincia ad accusare i primi disturbi: non dorme più la notte, la mattina a scuola rende poco, mentre si affanna a dimostrare a tutti che è capace. Infine, disperata e al limite del collasso, si licenzia ed accetta un incarico in un paesino di provincia, in un ambiente scolastico meno competitivo. “I geni non sono destino” - scrive lo psichiatra Boris Cyrulnik nel saggio “Di carne e d’anima. La vulnerabilità come risorsa per crescere felici” (Frassinelli), e così come esistono i fattori di rischio o di rinforzo, altri elementi possono stabilizzare un temperamento ansioso. Cyrulnik prospetta una “sociologia della vulnerabilità”, ovvero le caratteristiche di un ambiente sociale in grado di mitigare gli effetti della vulnerabilità genetica o acquisita. In primo luogo, legami affettivi stabili e rassicuranti, la costruzione di significati esistenziali profondi. Diversamente dagli animali, l’uomo modella l’ambiente che lo modella…

( fonte: La Stampa Internet)

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